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Marco Guzzi
Marco Guzzi (1955), poeta e filosofo, è sposato dal 1985 con Paola Balestreri e ha tre figli: Gloria, Chiara, e Gabriele. Laureato in Giurisprudenza (1977) e in Filosofia (1980), ha proseguito i suoi studi a Freiburg e a Bonn. Ha sempre affiancato alla ricerca poetica e filosofica un'intensa attività di comunicazione culturale attraverso seminari e conferenze, ma anche lavorando a lungo nei mezzi della comunicazione di massa.
Le parole
E'solo coniugando l'Eterno con tutte le nostre povere cose umane che ci salviamo. Questo lo intuii molto presto. Il mio primo libro Il Giorno (1988) era già tutto nuziale e natalizio, già tutto “a due voci”. Teatro Cattolico (1991) poi, con i suoi Atto Primo: le Nozze, e Atto Unico: il Parto, segnò ulteriori passaggi della coniugazione divino-
In fondo mi sembra che il senso del nostro destino terrestre sia tutto qui: dobbiamo solo imparare a coniugarci con Dio e con una donna, o con un uomo, ben determinati, senza alcuna scissione, senza resti, fino a combaciare. Questo ci rende sempre più capaci di redimere il mondo. Dobbiamo sposare Dio con la nostra storia, indissolubilmente. Dobbiamo far scendere il Cielo sulla Terra, perché la Terra riceva il Cielo tutto dentro di sé trasfigurandosi, e dia in tal modo al Cielo una casa terrena. Proprio così pian piano, e in gesti umili e quotidiani, tutta la Terra diviene Cielo e tutto il Cielo diventa Terra. Solo così, nell'estrema e minuziosa e delicatissima cura dei particolari, procede la storia terrena, personale e collettiva, e tramite il nostro lavoro si trasforma in storia della salvezza. Questa è la gloriosa vocazione della nostra santa umanità, ma questo è anche il mistero stesso di Dio, il suo desiderio di essere (in) noi.
M.G.
Darsi pace
Fratello, se vuoi la pace,
Datti pace. La pace
È solo il tuo cuore
Sprigionato.
Fratello, se vuoi l'amore,
Diventalo. Tu sei l'amore:
Tutto l'amore che cerchi.
Non chiedere perciò la pace al mondo.
E non pretendere l'amore da nessuno.
La pace dalla tu.
Falla
Tutti i giorni, con le tue mani.
E dallo tu
L'amore.
Scroscia, dònati, irradia:
Sii felice.
È dandolo
L'amore che lo ricevi
In abbondanza.
Ecce Homo
Stondato a viva forza nel presepe
Delle mie ossa; ben lavorato
Al fegato dagli eoli, dagli olii
Tuoi, sacramentali;
Uscivo dalle gabbie come uno spettro
Di luce
Ricamata dal dolore, e mi tirava
Fuori lo stringato
Cappio di resurrezione, incontro a un uomo
Che restava sempre un passo avanti a me.
"Io sono l’uomo
Come lo vorrai.
Nel corpo in cui mi sdraio io sono l’io
Che sei te.
Sono morto se tu sei morto.
Sono storpio se strascichi il tuo corpo.
Sono il risorto se tu sei sovrano.
Sono lo sguardo che tu mi dai,
E vengo come un dentino
Sveglia di notte il primo nato
E gli fa male".
LETTERA A UN GIOVANE EUROPEO
1.
Impara a morire
Finché c’è tempo
In questa notte spoglia di gennaio
Che aspetta il rendiconto
Di tutto l’anno.
Prima di morire
Impara a morire, per scoprire
Che la nascita sovverte il tuo cronometro:
L’inceppa.
Molto prima
Che i germogli latrino
Sui prati d’amaranto,
impara a morire
In fretta, e immacolate
Idee di te ti faranno
Nascere.
2.
Vivi, giumenta,
dal tuo lento stomaco di erbe
Secerni un latte sapido e odoroso.
Vivi, cavalla,
il tuo galoppo arriva dove spera,
E lo stallone è pronto a fecondarti
Ad ogni luna nuova.
Vivi, rapace, le tue unghie
Di giada, rapide,
Colgono il cibo al volo.